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Il contatto fisico è terapeutico

Il contatto fisico è terapeutico

Oggi vorrei parlare dell’azione più bella e naturale che si possa mettere in atto tra due individui: il contatto fisico inteso come “apertura del cuore”. Noi ci definiamo come “individui”, esseri dotati di un’”individualità” atomizzati, resi particelle, parti quasi insignificanti, cellule di quell’enorme macro-organismo che è la società.

Spesso siamo isolati e in questa situazione quasi sempre rifuggiamo il toccare e l’essere toccati: siamo spaventati dal contatto fisico proprio nel momento in cui sarebbe più necessario, cioè quando siamo soli.

L’educazione, la religione, la nostra cultura tendono infatti a definire il contatto fisico in base a due concetti estremi: il contatto sessuale, e il contatto inteso come scontro, contrapposizione, in altre parole sesso e guerra. Da qui nascono tutte le paure che riguardano il contatto fisico poiché non siamo educati a viverlo come “apertura” all’altro.

Eppure tra questi due poli ci sono infinite sfumature: il contatto fisico della madre con il suo piccolo, l’abbraccio tra due amici, l’inevitabile contatto fisico nelle situazione di affollamento come ad esempio in autobus o allo stadio. D’altra parte ci sono centinaia di occasioni e di motivi per entrare in contatto con gli altri, pochi però riescono a capire l’importanza del toccare e di essere toccati.

Quando ci appoggiamo in un abbraccio spontaneo, oppure quando abbiamo tra le braccia un bimbo rompiamo il nostro isolamento corporeo e bioenergetico. Sentiamo la pulsazione della vita che anima l’altro e sentiamo che la sua vita e la nostra vita sono un tutt’uno. C’è una identificazione con l’altro essere che ci tocca. Stiamo meglio. Ci sentiamo rassicurati dal contatto. Non siamo più atomizzati, divisi dagli altri ma riprendiamo, ci ripossessiamo di un piccolo frammento di quella unità che avevamo con nostra madre nel liquido amniotico.

Numerosi studi di psicologia hanno dimostrato che la separazione dalla mamma è un evento traumatico per il bambino ed egli per tutta la vita cercherà di recuperare, a livello inconscio, quella unione persa alla nascita (quella cosa calda e morbida a cui dormire vicino). Una mano calda che ci conforta e ci sostiene è a volte una benedizione. E’ conforto, è solidarietà, è terapia del corpo e dello spirito, è come sentirsi di nuovo piccoli e coccolati da una persona che ci vuole bene. Ed è un’amore senza condizioni dal momento che l’amore della mamma è amore incondizionato, molto diverso dall’amore paterno che dipende dalla buona condotta e dalle realizzazioni nella vita. L’amore della mamma è “apertura di cuore” dunque. Il contatto fisico diventa così integrazione con noi stessi e con gli altri, una nuova dimensione che rifugge dall’alienazione dovuta ai nostri ruoli sociali spesso ripetitivi.

Senza potere toccare ed essere toccati ci ammaliamo. Il nostro stare male si intensifica in un percorso che ci porta all’individualismo e alla separazione, dunque all’isolamento. Anche il corpo, se non viene toccato, si irrigidisce e comincia a fare male. Questo è il più grande insegnamente che mi sta dando la pratica dello Shiatsu e del Nuad Bo-Rarn (massaggio tradizionale thailandese) e spero che un numero sempre maggiore di persone possano provare questa esperienza: un contatto fisico terapeutico.

Fabio Ronci

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